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Adolescenza sana e patologica

Partendo dall’origine della parola “adolescenza”, dal latino adolescere, quindi crescere/diventare adulti ci è possibile poter identificare questa fase come un vero e proprio periodo di transizione dall’età infantile verso quella adulta.


I cambiamenti che caratterizzano questa fase sono molteplici e indispensabili per permettere il riconoscimento delle particolarità sane da quelle patologiche, con le corrispettive difficoltà e sperimentazioni. Quando si riportano le variazioni di questa fase di transizione, si fa riferimento sia ad aspetti corporei che mentali. In una visione più ampia questi cambiamenti possono riguardare aspetti fisiologici, psicologici, sociali e culturali, che non necessariamente avvengono in simultanea creando squilibrio e introducendo novità. Ciò che maggiormente diversifica, e complica, questo periodo è il dover strutturare e definire una propria ed unica identità. Andando ad analizzare nello specifico, a livello corporeo-fisiologico, sia per il genere femminile che per quello maschile, cominciano ad essere rilevanti i segni tipici dell’adolescenza, come il menarca per le ragazze e la crescita del volume testicolare e dei peli pubici e del volto per i ragazzi. La corporeità viene utilizzata come strumento espressivo dello stravolgimento interno. Talvolta questa espressione permette di dare voce a una difficoltà nella gestione di stati d’animo ed emozioni intense. È possibile quindi poter riconoscere i primi segnali di allarme e cogliere le prime richieste di aiuto proprio dalle manifestazioni corporee, in quanto i giovani adolescenti in questa fase di difficoltà “patologica” possono presentare gesti autolesionistici, disturbi del comportamento alimentare sia sul versante restrittivo che tramite abbuffate ed uso di sostanze stupefacenti. Inoltre, è importante identificare la dimensione delicata della sessualità di questa fase e di come la riscoperta della nuova realtà corporea possa implementare la difficoltà, manifestabile tramite inibizioni o azioni impulsive con relative conseguenze, tra cui le malattie sessualmente trasmissibili. A livello psichico la ricerca identitaria è sostanziale in quanto l’adolescente necessariamente deve scindere tra quello che ha appreso e ciò che autonomamente e attivamente aspira a diventare. E nell’individuare ciò che decide di diventare compara al contesto sociale e culturale di appartenenza, al contesto dei pari e al contesto familiare quello che desidera il proprio sé. Erik Erikson, psicologo e psicoanalista tedesco del 1900, nei suoi studi sullo sviluppo ritiene che l’adolescente per giungere ad un’identità completa necessiti di unire esplorazione e impegno, nel senso che deve sperimentare diversi modi di essere, di comportamento, diversi valori e passioni per poter successivamente formare la propria identità, tenendo conto delle difficoltà che inevitabilmente devono essere supportate. Nella formazione identitaria è previsto un distacco “fisiologico” dai modelli familiari. Ciò che è stato introiettato di valori e insegnamenti nella fase infantile in parte viene assimilato e confermato, ma d’altra parte viene messo in discussione. Il contesto sociale e soprattutto il contesto dei pari diventano il nuovo punto di riferimento. È importante in questa fase psicoeducare i genitori, che quasi improvvisamente vengono allontanati e messi in discussione, fornendo loro strumenti funzionali a comprendere, supportare, senza risultare invadenti, fornendo loro anche a livello strategico la possibile riformulazione, rivisitazione ed integrazione di regole e confini. E se da un lato il contesto familiare deve necessariamente ricostruirsi un nuovo equilibrio, l'adolescente “sano” nel contesto dei pari ha l'opportunità di sperimentare le abilità sociali, negozia, si esprime e trova compromessi. D’altro canto, un adolescente con una compromissione della sfera sociale potrà "rifugiarsi" in un ritiro sociale, altro segnale d’allarme che attiva i care-giver e gli insegnanti a identificare una fragilità compromettente. Infine, per concludere, ciò che metaforicamente rappresenta i rischi e le risorse di questa fase di transizione è l’immagine dell’adolescente come un paracadutista che prende il volo verso un nuovo luogo, da esplorare. Questo salto avviene in sicurezza se la rete relazionale, quindi dei pari e della famiglia, lo sostiene e gli fornisce degli strumenti per potersi cimentare. Ma anche la rete cognitiva ed emotiva deve essere pronta ad elaborare questa sperimentazione. Se l’adolescente non si sente sostenuto o non ha un buon paracadute, senza dubbio non si lancerà oppure rischierà lanciandosi e cadendo. Le cadute possono manifestarsi sotto forma di disturbi psichiatrici come disturbi d’ansia, depressione, gesti autolesionistici, disturbi del comportamento alimentare, difficoltà scolastiche e bullismo.


Dott.ssa Mira Gabriel

per

PRoMIND - Servizi per la Salute Mentale

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