Avete mai sentito parlare di Open Dialogue? di questo trattamento nato in Finlandia che sta prendendo piede anche in Italia?
In questo articolo vogliamo fare una breve panoramica a riguardo, invitando quanti più operatori della salute mentale, verso un approccio sempre meno stigmatizzante.
L’Open Dialogue (OD) si sviluppa intorno gli anni 80 in Finlandia; può essere definito come un approccio filosofico/teorico e di cura che si rivolge a persone in piena crisi, alla famiglia e alla rete sociale (1). In Finlandia è diventato parte integrante della presa in carico degli utenti intorno gli anni 90. Tra il 1981 e 1987 infatti, con il Finnish National Schizophrenia Project si è adottato questo trattamento per ridurre le prestazioni ospedaliere e incentivare quelle extra ospedaliere con ottimi risultati; da qui, il modello è diventato integrante del trattamento (2) Alcuni risultati mostrano che, dopo un trattamento con OP, il 75% di utenti con psicosi siano tornati a lavorare o studiare entro i primi due anni successivi al trattamento e solo il 2% ha continuato a dover assumere farmaci. Questo trattamento prevede che l’intera equipe che ruota intorno l’utente, crei, con la famiglia, un ambiente confortevole e adatto alla comunicazione e alla comprensione condivisa della crisi (1).
Questa pratica è caratterizzata da alcuni punti chiave (3):
· I terapeuti: è fondamentale che ci siano almeno due terapeuti, volendo anche di più. Questi avranno il compito di essere in contatto con la rete sociale dell’utente e condurre e stimolare riflessioni durante gli incontri.
· Famiglia e rete sociale: insieme all’utente diventano i protagonisti
· Domande aperte: ognuno dovrà sentirsi libero di fare domande per esprimere le proprie idee e pareri; possono essere usate anche per stimolare gli incontri e i dialoghi
· Risposte alle domande degli utenti
· Enfatizzare il momento presente : importante è il qui ed ora
· Ascoltare punti di vista molteplici (polifonia): ognuno è chiamato ad esprimersi e a farlo in modo chiaro
· Domande circolari per creare un focus ralazionale nel dialogo
· Attribuire un significato a difficoltà comportamentali e dialogiche: spiegare i sintomi e i comportamenti problematici in relazione alle difficoltà dell’utente
· Dare importanza alle parole e ai racconti degli utenti, non ai sintomi
· Team riflessivo: questo è il momento in cui i terapeuti si interrogano sulle loro risonanze riguardo il caso, il tutto n presenza della famiglia che può ascoltare ma non intervenire
· Trasparenza: chiarezza inerente il trattamento farmacologico, obiettivi ecc
· Tollerare l’incertezza: importante è che il terapeuta guidi i partecipanti in una modalità tale che tranquillizzi e partecipanti e aumenti il senso di adeguatezza e sicurezza.
Con la speranza di aver stimolato il vostro interesse nei confronti di questa modalità, che potremmo definire “anti stigma”, vi auguriamo un buon lavoro o un buon percorso terapeutico.
PRoMIND-Servizi per la Salute Mentale Srls
Dott.ssa Federica Bruno
Edit in Settembre 2019
1. Open Dialogue, An International community http://open-dialogue.net/
2. Forme di democrazia in psichiatria: l’Open Dialogue finlandese. L'Open Dialogue è un modello di trattamento psichiatrico pubblico nato in Finlandia destinato a pazienti schizofrenici e alle loro famiglie. Matteo Bessone, State of Mind, il giornale delle scienze psicologiche, 3 giugno 2015
Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2015/06/psichiatria-open-dialogue/
3. Open dialogue. Un intervento innovativo con la famiglia e la rete sociale nel Dipartimento di Salute Mentale di Caltagirone Palagonia. Raffaele Barone, Adelaide Morretta, Elisa Gulino. Nuova rassegna di Studi Psichiatrici- Rivista online di Psichiatria-. Volume 14, 6 aprile 2017
Comments