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Adattamento: croce o delizia dell'uomo moderno?

La nostra storia evolutiva ci insegna come la capacità di adattamento rappresenti una delle caratteristiche più importanti e conservative per la nostra esistenza e coesistenza con l'altro e il contesto. Ma siamo sicuri che sia sempre utile?

Questa facoltà biologica e comportamentale che consente agli esseri viventi di adattarsi alle condizioni dell'ambiente in cui vivono mantiene sempre una funzione propositiva e conservativa?

Il filosofo statunitense Chomsky con il suo racconto, ci suggerisce che la risposta a questo quesito è NO!


Immaginate un pentolone pieno d'acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l'acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l'acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L'acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell'acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa e sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.

Tratto dal libro “Media e Potere” di Noam Chomsky

L'evoluzione ci insegna che ci si abitua a tutto, anche a regole inaccettabili, a relazioni sentimentali a temperature emotive che non sono le nostre (o troppo alte o troppo basse) rischiando di fare la fine della povera rana, colpevole verso se stessa di essere stata troppo tollerante e di aver imparato per bene ad adattarsi a sguazzate in acque sempre più calde, sempre meno sostenibili. Il riferimento allo stress cronico è presto fatto, nella nostra pratica di professionisti della salute mentale molto spesso ci troviamo con il paziente a dover risalire a quelli che sono stati gli stressor continui, gli aspetti che troppo a lungo la persona ha imparato a sublimare, accettare e a mettere da parte nell'idea di poter sopportare e mantenere la situazione prima di chiedere finalmente aiuto e saltare fuori dal pentolone prima di rimanerci secchi, anzi bolliti. Uno dei nostri compiti di professionisti della salute mentale è quindi quello di aiutare la persona a comprendere quali possono essere gli elementi di vita che stanno ostacolando il benessere personale, prospettando nuove strategie di coping, resilienza e recovery.


In conclusione, il racconto della rana bollita, basato su un esperimento svolto più di 130 anni fà dalla “John Hopkins University” ci dimostra come un cambiamento, anche il peggiore per la nostra realizzazione personale, se avviene in maniera sufficientemente lenta da essere a malapena percepito possa risultare accettabile e confortevole. Pensiamo a situazioni lavorative, relazioni sentimentali, economiche e via dicendo. Quanto spesso accade di adattarsi per poi sentirsi in trappola? Sarebbe quindi molto più utile in termini evolutivi e di conservazione associare all'utilizzo della capacità di adattamento quella di comprensione del suo limite.

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