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Il corpo, la sede della nostra coscienza




Rilfessioni, sintetiche ed ispirate da alcuni lavori sulla coscienza (D. Dennett, 2018; G. Northoff, 2019):


Il corpo, sede antica delle nostre volontà, luogo archeologico e mobile della nostra storia. Dal corpo hanno principio le nostre pulsioni, messaggi tesi a mantenere la sua omeostasi. Da buon sovrano la sua paura è che i suoi bisogni non vengano saggiamente rispettati.

La mente, giovane talentuoso, riceve questa straordinaria energia dal basso, messaggi indiretti della ricca terra (presi dalla più che recettiva antenna-corpo, nella relazione stretta cervello-mondo), e in questa intensità a volte si spaventa ed evita, sfugge. Il corpo allora, forte di un'arcaica e sedimentata evoluzione, alza la voce, scalda i segnali.

La mente così fugge ancora, spaventata. In questo rincorrersi a volte paterno e a volte erotico, ha le sede la coscienza e il disequilibrio, la prima come espressione sana di una mente che accetta i suoi gradi di libertà (per approfondimenti vedi Irvin Yalom) determinati dalla volontà di auto-soddisfarsi (e ben sopravvivere) del corpo e sceglie in una "sorta di libertà" come soddisfarla (il corpo ha sete e la mente sceglie cosa bere) e la seconda come intoppo energetico a metà strada tra la volontà comunicativa e l'incompresione-rifiuto: stasi che ristagna patologica...


O se fosse invece tutta un'illusione, un'illusione da "utilizzatore" del nostro corpo, troppo complesso da comprendere totalmente; la coscienza come esperienza semplificata della sconfinata complessità della vita, per fornirci un comodo potere di "stare nelle esperienze" senza dissolverci nella moltitudine degli stimoli.

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